
Con la pubblicazione del CPI non si forza l’operatività: si chiarisce il quadro macro.
Negli Stati Uniti esiste un termometro dei prezzi che tutti consultano ogni mese: il Consumer Price Index (CPI). Lo pubblica il Bureau of Labor Statistics (BLS) e, in sostanza, dice quanto è cambiato il costo della vita. L’idea è semplice: si osserva un paniere rappresentativo di beni e servizi acquistati dai consumatori — spesa alimentare, affitti, energia, trasporti, sanità, istruzione, tempo libero — e si misura di quanto variano i prezzi nel tempo. Quel paniere non è “inventato”: deriva dalle Consumer Expenditure Surveys, che servono a capire come le famiglie distribuiscono davvero le loro spese; a ciascuna voce viene assegnato un peso proporzionale alla sua incidenza sul bilancio medio. Per questo, quando il CPI sale o scende, non stiamo leggendo un numero astratto, ma un indicatore dell’inflazione “vissuta” nelle spese di tutti i giorni.
Il CPI è pubblicato con cadenza mensile e in più versioni. La serie di riferimento è il CPI-U, dedicato a tutti i consumatori urbani; esiste poi il CPI-W, usato — per legge — per gli adeguamenti al costo della vita della Social Security. Nel comunicato ufficiale compaiono sia la misura “headline” (tutti i beni e servizi) sia quella “core” che, escludendo alimentari ed energia, aiuta a cogliere la tendenza di fondo meno influenzata dalle oscillazioni più volatili. A settembre 2025, secondo il BLS, l’indice generale è aumentato dello 0,3% sul mese e del 3,0% su base annua; la componente “core” è salita dello 0,2% mensile e del 3,0% annuo. Sono numeri che il mercato guarda da vicino perché descrivono la velocità con cui i prezzi stanno cambiando proprio ora.
Tra le varie voci, l’abitazione (“shelter”) pesa molto. Negli Stati Uniti il BLS rileva gli affitti effettivi e, per i proprietari di casa, stima il costo d’uso attraverso l’Owners’ Equivalent Rent. È un punto importante per chi interpreta i dati: gli affitti si aggiornano con contratti che non cambiano tutti insieme e di colpo; per questo gli effetti sui prezzi impiegano più tempo a riflettersi nell’indice. Al contrario, in area euro l’indice armonizzato dei prezzi al consumo non include ancora pienamente i costi dell’abitazione occupata dal proprietario nell’indice principale: è un’area di lavoro metodologico in corso. Questo spiega perché i confronti internazionali richiedono attenzione: indici simili servono lo stesso scopo, ma non sono costruiti in modo identico.
Il CPI ha anche conseguenze pratiche. Diversi meccanismi pubblici fanno riferimento a queste misure: in ambito previdenziale, ad esempio, la Social Security Administration utilizza il CPI-W per calcolare l’adeguamento annuale al costo della vita. E, sul piano della politica monetaria, il CPI rientra tra gli indicatori che la Federal Reserve considera nelle riunioni del Federal Open Market Committee (FOMC), il cui calendario ufficiale è pubblicato dalla stessa Fed. Accanto al CPI, però, negli Stati Uniti esiste un altro indice dei prezzi, il PCE Price Index (pubblicato dal Bureau of Economic Analysis): è più ampio nella copertura perché comprende anche spese sostenute “per conto” delle famiglie e usa una metodologia “chained” che cattura meglio le sostituzioni tra beni. È per questo che nei documenti della Fed il PCE compare come misura di riferimento per l’inflazione, pur restando il CPI il punto di contatto più immediato con l’esperienza dei consumatori.
In questo periodo, poi, c’è un elemento di contesto da non trascurare. Dalla mezzanotte del 1° ottobre 2025 il governo federale è entrato in shutdown: quando accade, il Department of Labor applica un piano di emergenza che prevede la sospensione della maggior parte delle attività statistiche del BLS e il rinvio dei rilasci programmati, con un’eccezione specifica prevista per il CPI di settembre 2025 per ragioni normative legate alle indicizzazioni. Finché lo shutdown prosegue, il flusso informativo ufficiale può risultare parziale o in ritardo: un fattore che non modifica ciò che il CPI misura, ma che può ridurre la quantità di dati disponibili al momento delle decisioni.
In sintesi, il CPI è la misura ufficiale del costo della vita negli Stati Uniti: nasce da rilevazioni sistematiche, si aggiorna ogni mese e offre una base comune per leggere l’andamento dei prezzi, confrontare periodi diversi e ancorare decisioni pubbliche e monetarie. Capire come viene costruito — dal paniere ai pesi, dalle diverse componenti alla distinzione tra “headline” e “core” — aiuta a interpretarlo con più consapevolezza e a collocarlo correttamente nel quadro più ampio delle statistiche sui prezzi, dagli indici europei al PCE statunitense.
In pratica, la pubblicazione del CPI non è un “appuntamento di volatilità” per tentare operazioni estemporanee, ma soprattutto un momento in cui si aggiornano gli scenari macroeconomici. Per chi opera sui mercati è utile per ricalibrare il proprio processo di analisi e, se necessario, la pianificazione del diario di trading, mantenendo coerenza con metodo e gestione del rischio.


